Figaro' Hippie e le 160 stanze!



Carissimi,

Berkeley non finira' mai di stupirmi nelle sue mille sfaccettature.
Stasera ho invitato a casa i miei due amici Davide (in partenza per l'Italia, un'occasione per salutarlo...) e Raffaele. Mentre guidavo, avevo in mente di cucinare la pasta fatta dal pastificio degli zii di mia mamma, la pasta Masciarelli che e' arrivata volando fin qui, con del ragu', sapientemente cucinato e poi congelato dai miei prima di ripartire!
Mentre siamo a casa in versione "cazzeggio mentre aspetto che l'acqua bolla", John si aggrega alla festante comitiva, annunciandoci che alcuni suoi amici gli avrebbero fatto visita da li' a poco. Alla sua richiesta se la cosa mi andasse bene, ho distrattamente risposto di si', ma mai risposta fu tanto affrettata.
Faccio ancora in tempo a combinare un danno, lavandomi completamente di vino, nell'apertura di un'ottima bottiglia di Merlot della Napa Valley, quando suonano alla porta. John apre e, dopo qualche saluto, si presentano in cucina 4 personaggi, usciti da un film anni '70. Cerco con la coda dell'occhio un cameraman o un addetto alla regia, ma devo arrendermi alla dura realta', e tra me e me dico: "Ora la serata si complica".
Davanti a noi abbiamo nell'ordine: David, un hippie pieno di rasta, con un sorriso ebete sul volto da chi ha visto la Madonna, o ha fumato veramente roba buona, una ragazza alta e bionda, dagli occhi azzurrissimi, con lo stesso sorriso ebete, una terza ragazza piu' bassa, con la gonna tipicamente hippie e il sorriso di cui prima e un quarto personaggio (secondo me l'aiuto regista) assolutamente dissonante rispetto a questi tre, vestito persino normalmente e dotato di scarpe, cosa non reputata necessaria dagli altri tre!
L'imbarazzo si taglia a fette: ci siamo io e John che cerchiamo qualche cosa da dire in modo da rompere il ghiaccio, i miei amici tra il perplesso e l'allibito e i tre ragazzi (l'aiuto regista nel frattempo e' scomparso...) beatamente sorridenti. Alla fine, l'argomento Cinque Terre ci aiuta a riacquistare la lingua e la ragazza piu' bassa ci racconta le sue esperienze in giro per l'Italia, creando un diversivo che permette a noi di finire la pasta senza troppa voglia e ai suoi amici di usare il bagno, infestando di oggettiva puzza di merda la casa...
Ci sono altri particolari su cui vale la pena sorvolare: la serata si conclude con John che decide all'improvviso di andare con i suoi amici a Santa Cruz, Erick (che nel frattempo e' tornato a casa da arrampicare) che se ne va a dormire, gli amici che escono di casa salutandoci e abbracciandoci alla volemose bene e sbattendo distrattamente i piedi nudi contro porte e sedie, senza per altro cambiare di una virgola la loro beata espressione, la' dove una comunissima persona avrebbe detto almeno un "caxxo che male..." e, infine, io che riaccompagno i miei amici (vi ricordo, sempre sull'allibito, sfociante in qualche risata dissacrante) a casa loro!

Se stasera e' andata cosi', non si puo' dire che le ultime settimane siano state prive di chicche.
Venerdi' abbiamo festeggiato il compleanno di Davide, che ha invitato alcuni della parrocchia, proponendo un barbecue tipicamente americano a base di hotdog e burgers (che tra l'altro sono rimasti e sono da finire, talmente ne abbiamo fatti) e con il sogno sfumato di andare ad un party dopo la festa, dal quale, presentatici con una cassa di birra sotto il braccio, ce ne sgattaioliamo via senza troppi complimenti con la medesima birra ben custodita, quando ci accorgiamo che non era il party che ci aspettavamo, ma una riunione di sbarbatelli alle prese con il gioco della bottiglia...
Sabato con Raffo siamo andati a visitare Sonoma Valley, che, insieme con Napa Valley, e' la zona piu' famosa per i vini californiani. Abbiamo fatto il giro di alcune winery, abbiamo degustato a scrocco un sacco di vini e devo dire di aver trovato buoni prodotti, sapientemente esposti in vinerie molto nuove e asettiche che nulla hanno (per fortuna direi) della tradizione delle cantine piemontesi, toscane o trentine che ho visitato in Italia! Ad ogni modo, un caldo torrido, da stare male e il molto vino non hanno reso facile trovare la via di casa.
Domenica mattina siamo andati con Davide e Raffo a dare una mano nel preparare pranzo (anzi Brunch, che e' una via di mezzo tra il breakfast e il lunch) in parrocchia, per festeggiare i laureati di questa sessione. E' stata un'occasione per stare insieme agli studenti di Newman e di chiacchierare di vari argomenti.
Uno tra tutti che sta tenendo banco in questi giorni da 'ste parti e' la decisione della Corte Suprema della California di eliminare il divieto e quindi ridare diritti matrimoniali alle coppie gay. Se da noi abbiamo la Carfagna che si fa sgridare anche dalla Mussolini (dalla Mussolini, capite? Non da Luxuria...), qui la situazione e' agli antipodi. Naturalmente le campane sono variegate. In parrocchia si trovano ciellini (ragazzi di Comunione e Liberazione) estremamente intransigenti, gente piu' moderata, gente che si domanda e cerca risposte, fino ad arrivare a casa da me, dove John esulta per il risultato ottenuto. Mi sono trovato obiettivamente in difficolta' nel trovare un piano di contatto con John su un argomento cosi' spinoso. Non e' con l'intransigenza dettata dal mio essere cattolico che potevo approcciare uno dalle idee diametralmente opposte alle mie, ma ho comunque cercato un terreno comune sul quale farmi spiegare quale fosse la sua (in ideale rappresentanza dei movimenti gay, pur lui non essendolo, ma solidarizzandovi). E' venuto fuori uno spaccato molto piu' complesso di quanto sembri, che mal si presta ad essere tagliato con l'accetta di chi pensa di aver capito tutto e che merita ulteriori approfondimenti.
Ho scoperto poi parlando con Sean, che e' stato messo online un cortometraggio della serata di canto e preghiera in cui ho suonato i bonghi (Praise Night). Potete trovare il video qui: le canzoni, per la verita' molto belle, sarebbero da tenere in considerazione (sebbene ahime' in inglese) per rinnovare il repertorio di qualche comunita' dalle nostre parti!!
Il pomeriggio di domenica e' successo una cosa che mai avrei pensato possibile. Mi sono trovato in un teatro ad assistere ad un'opera!! Ma mi ci vedete voi ad assistere al Figaro'? Ebbene, Berkeley puo' farmi anche questo!! Ho conosciuto in parrocchia Anna, un'attrice professionista della compagnia di Minneapolis e che mi ha gentilmente procurato un biglietto per il Berkeley Rep Theater. Cosi'... mi son trovato seduto in galleria ad abbassare l'eta' media del pubblico!!! :-)
Devo dire di aver capito molto piu' i dialoghi in inglese del cantato in italiano. Ho trovato la trama spassosa, le voci spettacolari, geniali gli effetti scenici con telecamere a riprendere in primo piano i volti e i gesti degli attori per riproiettarli sui fondali e, infine, molto attuali alcuni rimandi politici!


Le foto di questo post raccolgono anche quanto fatto la settimana scorsa.

Martedi' siamo stati da Ghirardelli's, una cioccolateria buonissima a San Francisco, con tutti gli studenti di Newman.
Sabato scorso, sempre col mitico Raffo, siamo andati verso il sud della baia e abbiamo visitato la casa della famiglia Winchester, famosa perche' e' la piu' (tristemente) famosa marca di fucili d'America. Questa casa e' assurda. Ha 160 stanze, e' sempre stata in fase di ampliamento da parte della moglie di Mr. Winchester dal momento del suo acquisto (aveva inizialmente otto stanze). Costei usci' pazza dal rimorso delle migliaia di indiani che i fucili del marito contribuirono ad uccidere. Per sessant'anni fece costruire e aggiungere pezzi alla casa per meglio accogliere gli spiriti degli indiani uccisi, facendo della casa un labirinto bizzarro di stanze, con soluzioni eccentriche, scale che finiscono in un soffitto, ante che si aprono su un muro, finestre sul pavimento e porte che danno nel vuoto... Tutto denota la pazzia e la poca vena "architetturale" della proprietaria.
Nel pomeriggio ci siamo concessi quello che da molti viene definito il Nerd Tour, ovvero da bravi ingegneruzzi, abbiamo visitato le maggiori aziende della Silicon Valley, passando per Google, Intel, Yahoo, Apple, Oracle, un centro ricerche NASA, HP, AMD e approdando nel tardo pomeriggio a Stanford, che, a dire il vero, non ci ha fatto per nulla una bella impressione. Un campus asettico, pieno di gente ricca e snob, ben d'altro tenore dalla vitalita' frizzante di Berkeley! Bocciato!!
La domenica ho portato John e Raffo al Thai Temple. Sebbene i miei ancora non abbiano avuto l'opportunita' di raccontare quell'episodio in presa diretta, mi limito a dire che il posto e' molto "alternativo", si incontra di tutto, anche improbabili api pronti a fare harakiri nella tua zuppa, prese dalla frenesia di passare da un piatto all'altro! Ci siamo presi allora una noodle soup, ovvero una zuppa fatta con gli spaghetti di riso e condita con verdura, polpette di carne, straccetti di vitello e molte spezie. Per dessert dei dolci fatti con il latte di cocco che io adoro.
Satolli, dopo aver mangiato sul giardino antistante il tempio, ci siamo diretti verso una casa molto particolare: la proprietaria e' una signora americana, con una passione per il buddhismo, che apre il giardino della sua casa ogni domenica pomeriggio a tutti coloro che vogliono passare e stare li' a chiacchierare. Il giardino, ricco di vegetazione, e' pieno di palle da bowling e di altre stravaganze, tra le quali statue, bottiglie appoggiate ai rami degli alberi e cosi' via. Guardate le foto perche' meritano!
Anche in questo caso Raffo ha avuto un esempio di eccentricita' che, sommata all'esperienza hippie di ieri sera, lo ha fatto proficuamente riflettere sulla capacita' di adattamento di ognuno e sulla difficolta' che tutti noi (me per primo) abbiamo a capire e comprendere il diverso, affinche', parafrasando Hegel, il diverso si faccio differente, ovvero affinche' quello che prima sembrava lontano, possa essere compreso, anche se non necessariamente condiviso.

Il Lab si e' finalmente popolato, dopo mesi di magra. Marco il boss e' tornato dall'Italia, ci ha raggiunti Roberta, una collega da TiLab e Mostafiz dal Poli di Torino. Inizia il rush finale prima di tornare a casa!!!

Un caro abbraccio a tutti,
Marco

Infiniti spunti di riflessione

Carissimi,

a volte e' strano cosa ti puo' riservare la giornata, magari poco prima di andare a dormire. E' da qualche giorno che preparo qui da solo qualche riga per rendervi partecipi del viaggio fatto in camper per le strade della West USA. Sapevo che qualcosa bolliva in pentola anche dal lato dei miei, ma le sorprese sono sempre in agguato. Ricevo e posto quasi intatto un pezzo di rara arguzia e di assoluto spasso, uscito direttamente dai tasti di casa Urso di Torino.
Un grazie di cuore a papa' e mamma, Nuccio e Anna Rita, che hanno trovato tempo e spirito per comporre quanto segue, ovvero il giusto cappello ad un'esperienza davvero unica!

Con affetto,
Marco



Le Razze

Dal punto di vista di chi vede gli USA per la prima volta gli spunti di riflessione sono infiniti.
Alcuni riguardano gli Americani e i loro comportamenti, per noi spesso inusuali.
Per l’esattezza bisogna dire i Californiani, essendo gli unici con cui siamo venuti a contatto.
Innanzitutto bisogna dire che a S. Francisco non accade mai di incontrare tre persone consecutive appartenenti alla stessa razza o colore.
Il fenomeno è ancora più marcato a Berkeley e dintorni, vero crogiuolo di razze studentesche ivi intervenute da tutto il globo.
C’è una predominanza del ceppo asiatico, che sfiora il 50% della popolazione universitaria. Numerosissimi i neri-mulatti-meticci e gli indio-ispanici dell’America Latina.
Calderoli si leccherebbe i baffi a cercare capri espiatori sul tetro destino che attende l’America che ha accolto tutti questi cervelli, inopinatamente albergati all’interno di teste matematico-giuridiche-umanistiche d’eccellenza, ancorché dietro volti variamente colorati.
Fortunatamente per lui, non mancano i visi pallidi: europei e americani. Questi ultimi sono quasi sempre biondi-slavati e riconoscibili dalla considerevole stazza bulimica.

Indiani

Completamente estinti sono i pellerossa. I pochi rimasti sono confinati in enormi deserti caratterizzati dai nomi esotici delle tribù di appartenenza e dalle infinite miglia desolatamente disabitate e spoglie.
Eppure proprio i Navajos ci hanno regalato una delle esperienze più significative del nostro viaggio.
Eravamo appena usciti dalla loro riserva, attraversata per oltre 200 miglia, in transito dalla Death Valley. Il tramonto si stava esaurendo colorando il cielo di arancio e porpora, dietro i lontani torrioni della Sierra Nevada.
Cercavamo un sito dove sistemarci con il nostro fido Camper, nelle vicinanze del Gran Canyon del Colorado, che avremmo visitato nei giorni a venire.
Intorno c’era solo il deserto e il buio incipiente.
Improvvisamente appare un parcheggio con l’indicazione di un mercatino tenuto dagli Indiani Navajos.
Ci fermiamo per dare un’occhiata, attratti dalla scritta “Navajo vista point”. Effettivamente come primo assaggio di panorama sul Canyon non è male... ma niente in confronto alla spettacolarità dei panorami che avremmo visto l’indomani.
Il mercatino consisteva in poche baracchette contigue di legno e lamiere (stand), quasi tutte spoglie.
Solo su alcuni tavolacci erano disposti oggetti e chincaglierie in vendita. Una decina di giovani, dai tratti decisamente indiani, vestiti all’occidentale, sorvegliavano gli stand. Molte erano donne.
Era ormai quasi buio quando uno di questi ragazzi inizia a battere su un grosso tamburello scandendo uno di quei ritmi tribali che abbiamo sentito nelle colonne sonore dei film sugli Indiani (Un uomo chiamato cavallo, Balla coi lupi, Piccolo grande uomo etc.)
Dapprima un senso di inquietudine ci attanaglia, dovuto al fatto che ci eravamo allontanati dal camper per fare alcune foto e che intorno non c’era anima viva che avesse tratti occidentali.
Solo i pericolosissimi pellerosse! Che già ritmavano danze di guerra!
Dopo pochi istanti accanto al percussionista si era formato un quartetto di ragazze e ragazzi indiani.
Sul ritmo del tamburello cantavano in modo cadenzato una nenia, con parole composte solo da vocali.
Ognuno eseguiva un suo personale vocalizzo, apparentemente estraneo all’armonia del complesso di voci, ma assemblato in un coro dal risultato gradevolissimo.
Una musicalità antica che ci ha scagliato indietro nel tempo.
Un’armonia bellissima e struggente!
Un’ultima voce sovrastante si aggiunge da solista: è quella femminile di una ragazza dai tratti olivastri che gorgheggia una preghiera al giorno ormai tramontato.
Ciò che più stupisce è il contegno serio e compunto di questi cantori che eseguono il loro coro assolutamente incuranti della nostra invadente presenza.
E’ già completamente buio quando riprendiamo il nostro cammino ancora estasiati e affascinati dalla melodia ascoltata… tra i dirupi del canyon, nel deserto di realtà che non si incontreranno mai più.
Rimane il rammarico di non aver potuto fotografare o riprendere l’insolita scena.
Ma, a pensarci bene, credo che serberemo per tutta la vita il ricordo struggente di quegli attimi, irripetibili e fatati, proprio perché affidati solamente alla forza evocativa della memoria, piuttosto che alla banale ripetitività delle immagini digitali…

Studenti di Berkeley

Eccole qui queste formichine saccenti, tutte uguali e tutte diverse, attirate qui da ogni parte del mondo dal desiderio di sapere, apprendere, applicare, sperimentare… ricercare!
Nella loro diversità di razza, religione, provenienza si può trovare un denominatore comune.
Mentre viaggiano lungo il saliscendi dei vialetti del Campus, cercando aule, biblioteche, istituti, portano in mano l’immancabile bicchiere di carta con la bevanda preferita.
Si va dal thè (rigorosamente verde!), al caffè “alluvionato”, alle bibite più inverosimili, che una gasata mente umana possa aver concepito. Ovviamente annegate in ghiaccio a pezzi, sempre servito generosamente nei locali americani. I gestori, incuranti della qualità di ciò che servono, sono attentissimi alla quantità: inversamente proporzionale ai cubetti di ghiaccio schiaffati nel bicchiere prima del suo riempimento. Schiuma e CO2 riducono a pochi milionesimi di gallone la quantità di bibita bevibile.
I ragazzi più tecnologici sostituiscono il bicchiere di carta con quello climatizzato, modello estivo e invernale… a pompa di calore! In pratica, un volgarissimo thermos.
Gli studenti, grosso modo, si distinguono in maschi e femmine… anche se si notano (e si esibiscono) elementi difficilmente classificabili nelle due categorie dianzi menzionate. Ugualmente però, per non dare nell’occhio, hanno il bicchiere in mano.
I maschi si differenziano in: a piedi e in bicicletta. Quelli a piedi sono divisi in lunghettoni (h. > 6 feet) e bulimici (larghezza > 3 feet).
Le femmine si differenziano in: a piedi lentamente oppure a piedi di corsa.
Le prime sono sciatte, brutte e spesso bulimiche; esibiscono pance debordanti da jeans a vita bassa e cosce scoperte, aventi circonferenze al limite della XXXL.
Le seconde sono atletiche, con le formose chiappe costrette in calzoncini aderenti, cosce e polpacci tonici, muscolosi e da belvedere. Portano gli auricolari dell’mp3 pendenti dai padiglioncini anch’essi muscolosi. Si esibiscono nel perenne saltellio incontinente di chi sta per farsela addosso, anche se stazionano in attesa del semaforo verde o del compagno (compagna ?) con cui proseguire la corsa.
Ovviamente non portano il bicchiere cabrio come tutti gli altri. Sono dotate di bicchiere closed-for-very-zomping-girls, con cannuccia antisaltellio, annaspante nel ghiaccio residuo… ormai trasformato in acquetta fredda shekerata a basso contenuto calorico.
Le calzature tipiche delle ragazze americana sono: infradito, oppure scarpette tipo quelle da ballerina. Per i ragazzi: infradito, oppure scarpette tipo quelle di pezza a quadretti, senza lacci, anni '70... Pietose!
Dimenticavamo: a qualunque categoria sopra descritta appartengano, tutti nell’altra mano tengono i libri. Drink & learn.


La gara di cucina

Il massimo di soddisfazione per un americano è sfidare un italiano ad una gara di cucina.
In cuor suo sa già di aver vinto, perché è impossibile che un cuoco, seppur dotato di fantasia culinaria sfrenata, possa concretizzare pastoni e guazzabugli in siffatta inverosimil guisa.
Di seguito si descrive la sciagurata performance a cui abbiamo assistito.
Pentola di acqua contenente un gallone di acqua fredda (non diciamo sciocchezze… non si tratta di brodo di un grosso pollo!... il gallone sono 3,78 litri di acqua!)
Preso un mazzetto di italianissimi spaghetti Barilla (circa 8 once…. mezza libbra!), spezzato a metà e schiaffato nel gallone di acqua fredda. Accesso fuoco. Portato a bollore. No sale. Sì verdure, finemente tagliuzzate nel frattempo su tagliere. Bietole, spinaci, rape, carote nature, zucchini, verze, cipolle con buccia, porri, tanti porri, aglio, tanto aglio, con buccia!
Quando minestrone bollire lui aprire congelatore. Frugare tra ghiaccioli ed estrarre due bacchette di pesce sconosciuto e congelato. Tuffare in sbobba bollente.
Quando riprende il bollore, lui fruga ancora in frigo, cattura uovo, rompe su bordo pentola e schiaffa in intruglio maleodorante per fissare il tutto, prima che gli spaghetti ormai spessi un pollice saltino fuori dalla pentola, stufi di tanta affettuosa cottura.
Un ultimo deciso rimestio e la generosa offerta con il mestolo ricolmo.
Siamo atterriti, le spalle incollate al muro, le mani e la fronte sudate... come rifiutare una simile leccornia?
Dal canto nostro ci esibiamo in una normalissima carbonara. Ottimi spaghetti Barilla in abbondante acqua salata e bollente. Burro, becon-affumicheto, burro, uova, pepe nero e parmigiano.
I selvaggi, incredibilmente, sembrano gradire di più la loro spaghettata ittica-vegetariana alla nostra "strana" carbonara.


Un caro saluto,
Nuccio e Anna Rita

Weekend tranquillo: costa, film e... trickster!!




Carissimi,

questo weekend e' passato liscio. Dalle foto (che mettero' tra poco.. ora son troppo stanco e me ne sto andando a dormire) potete (potrete) vedere come sabato abbia fatto con Raffaele un giretto sulla costa a nord della baia, andando a visitare San Rafael, in cui abbiamo visto la Missione da cui e' nata la citta', un edificio di Wright e in cui per pigrizia non siamo andati a vedere la 4th Street, dove fu girato American Graffiti! Il nostro giro ci ha poi portato a ri-visitare Point Bonita (il posto del ritiro) dove stavolta ci siamo spinti fino al faro che finalmente ho trovato aperto, poi Stinson Beach, uno spiaggione simile alla Spiaggia della Cinta - Sardegna (non per i colori ma per le dimensioni), Muir Beach e la tanto declamata Bolinas. Questa e' una cittadina particolare perche' non e' indicata sulla strada: o sai dov'e' o hai il GPS o non ci arrivi. Gli abitanti ci tengono a tenere i turisti lontani. Chissa' perche' poi? Con Raffaele azzardavamo l'ipotesi che Bolinas fosse famosa piu' per il comportamento dei propri abitanti, che non per la sua bellezza. Cio' che abbiamo trovato di carino e' stato un saloon vecchio stile, non ristrutturato, nel quale abbiamo pranzato. Tutto qua...
Il weekend e' stato anche caratterizzato da Praise Night (letteralmente: Serata di Lode), ovvero da una riunione alla parrocchia Newman durante la quale si e' pregato e cantato: ultimo appuntamento prima della chiusura del semestre. Vi ho partecipato perche' mi e' stato chiesto di suonare i bongos e devo dire che mi sono molto divertito. I loro canti religiosi sono molto orecchiabili e piacevoli, alcuni molto ritmati. Cerchero' di farmi un CD cosi' da poterne esportare qualcuno!

Ma parliamo d'altro!

Finalmente ho trovato cio' che cercavo da lungo tempo. Una lista (aggiornata purtroppo solo al 2004) di film girati in baia.
Sono curioso di andare a visitare qualche luogo reso famoso da questi film. Molti sono luoghi scontati, chiamati "The Usual" dal commentatore del sito, altri sono meno scontati e da andare a cercare.
Uno di questi giorni andro' a fare un giro per esempio alla chiesa in cui e' stata rinchiusa Sister Act, che e' St. Paul's Church sulla 29th Street all'angolo con Church Streets.
Mi stupisce trovare certi film come Patch Adam, Mr. Doolittle, 48 ore (e ancora 48 ore), fino a fuga da Alcatraz, MonaLisa Smile e il mitico Basic Instict, durante il quale c'e' la famosa scena girata (e tagliata dalla versione andata in onda sulla Rai tempo fa) in un club (evidentemente molto prestigioso e costoso) che difficilmente potro' visitare.
Volete vedervi qualche bello scorcio di SF? Riesumate il glorioso Herbie, il maggiolino tutto matto!
Infine, per una bella visita gratuita a Berkeley, c'e' Il Laureato che fa al caso!


Visto che non passa giorno senza imparare cose nuove, oggi chiacchieravo con John riguardo all'inglese e al fatto che col passare del tempo sto pian piano diventando "more enjoiable", cioe' sempre piu' di compagnia, poiche' seguo i discorsi (e fin qui...), capisco le battute e ne faccio anche io (vi assicuro che non e' banale in una lingua che non e' la tua...)
E' saltato fuori allora il discorso delle parole inventate, poiche' ancora mi capita di usare la parola giusta con una pronuncia non esatta che la fa assomigliare ad un'altra parola, totalmente avulsa dal contesto. Involontariamente sembra che faccia un "pun", cioe' che un gioco di parole. Un esempio italiano potrebbe essere: "Pesca una pesca..." che, se ci pensate bene, non fa neanche tanto ridere... Dunque, per esclusione, e' meglio accettare l'ipotesi che stia sbagliando la pronuncia e cercare di correggermi, finche' sta benedetta pronuncia non mi entrera' in testa!
A proposito di parole inventate, John mi fa leggere una famosa poesia di Carroll (autore di Alice nel Paese delle Meraviglie), chiamata JABBERWOCKY, famosa perche' considerata il piu' alto esempio di poesia composta con parole senza senso della letteratura Inglese, tutta intrisa com'e' di parole inventate o parole composite, ma rigorosamente senza senso (un po' come Aldo, Giovanni e Giacomo quando dicevano: "Quel cane e' un incrocio tra un segugio e uno spinone: quindi e' uno spinugio... meno male che non e' un segone!!")

Partendo da questo poema, ben lungi dall'essere di facile traduzione, John ha divagato dicendo che Carroll (anzi l'angelo che egli sostiene l'abbia indirizzato) scrivendo questa poesia ha agito come un trickster. Qui si apre un altro enorme filone di discussione. Innanzittutto chi e' un trickster? Colui che gioca degli scherzi, un truffatore, un imbroglione, un ingannatore. Ho scoperto che non c'e' una parola univoca per definire questa personificazione in italiano (ecco perche' ne ho usate molte), pero' e' una figura molto usata sia nella mitologia, sia in determinati tipi di religioni e sopravvive tutt'oggi. Esempi moderni di trickster possono essere Bugs Bunny, Bart Simpson, Wile E. Coyote
La parte interessante (a mio parere) di questa discussione viene adesso, ovvero quando con John ci siamo messi a pensare se esistono o meno dei trickster nelle religioni monoteistiche, cosi' come esistono in quelle politeistiche. A ben pensarci, la nostra risposta finora e' negativa. Si puo' vedere Cristo come un rivoluzionario nel suo messaggio, ma sicuramente non come un ingannatore. Se pero' andiamo a vedere la funzione del trickster nelle religioni come il buddhimo o le religioni politeistiche degli Indiani d'America (o Native, come li chiamano qui), noteremo che e' quella figura che rompe le regole, che disobbedisce per ottenere un effetto positivo, ad esempio per far acquisire consapevolezza o istruire qualcuno.
Mi viene in mente che Cristo parlava in parabole, ma ci sono invece molte tradizioni (ad esempio la Zen) che trasmettono insegnamenti di vita tramite giochetti, scherzi, etc. Come la storia di quel giovane che si reca da un guru per chiedergli come e dove cercare Dio. Il guru gli chiede di avvicinarsi e al momento giusto gli prende la testa e gliela immerge nell'acqua per molti secondi. Prima che il ragazzo muoia soffocato, lo tira su dicendogli: "Quando avrai bisogno di scoprire Dio esattamente come ora hai bisogno di aria da respirare, allora torna da me e ne riparliamo".

Dove vuole arrivare Marco? Vuoi vedere che e' l'ennesimo sfoggio di pseudo-cultura, anche piuttosto approssimativa? (Per questo chiedo perdono a coloro che queste cose le studiano bene e seriamente!)
Mah, sara' forse sfoggio, pero' penso di aver cosi' ottenuto diversi risultati. Innanzitutto ho imparato delle cose che non sapevo, poi ho qualche buona idea per continuare a discutere domani con John, inoltre scrivendo queste righe so di avere un buon sunto che posso venirmi a rileggere quando voglio e, infine, ho riflettuto su una cosa importante.
Se e' vero che il fine ultimo di una religione e' di proporre una via che conduca alla pienezza dell'essere, alla spiegazione del chi siamo e dove stiamo andando, possono dunque esserci vari modi per ottenere questo risultato (come per ogni altro ambito che implichi il pianificare per ottenere risultati). Ci sono sempre varie vie, ad esempio ci sono i metodi brutali e i metodi basati sull'amore e sull'ascolto.
Cristo parlava in parabole, insegnava tramite esse l'amore. La tradizione Zen, come sopra descritto, sembra che si concentri sull'impartire lezioni esemplari e a volte brutali, magari tramite un trickster.

Qual e' il metodo giusto? E dove ci posizioniamo noi con il nostro agire?
Mi sembra che sia una bella riflessione, utile a tutti. Si adatta ad un genitore, come a qualsiasi educatore, ad un manager che deve formare il personale, cosi' come a due in una coppia che provano a darsi reciprocamente delle regole di vita.
Vi lascio con questo abbozzo di riflessione!

Un abbraccio,
a presto,

Marco

Il prima e il dopo... esperienze di famiglia!



Carissimi,

chiedo perdono per la lunga assenza ma il lavoro e alcuni intoppi hanno fatto si’ che non avessi granche’ da raccontare delle settimane post pasquali, tranne delle ultime due, nelle quali sono venuti a trovarmi i miei e abbiamo fatto uno dei giri piu’ belli che io ricordi.
Dopo le cocenti delusioni elettorali che rendono ancora piu' significativo il divario tra cio' che respiro qui e la melma che mi aspetta ritornando da voi (concordo con ogni parola del commento al post scorso del buon Matteo), sono finalmente arrivate a meta' aprile delle belle sorprese.
Il riabbraccio con facce di famiglia e’ stato bellissimo e la pre-preparazione degli itinerari per mostrare la baia ai miei e’ stata emozionante; la sensazione nel momento di condividere con loro i posti che ormai ritengo parte della mia quotidianita’ e’ risultata insolita: un misto di eccitazione e di nostalgia (simile a quella che mi prendeva da piccolo quando i miei mi venivano a prendere da un luogo in cui mi stavo divertendo un mondo, come una festa di compleanno, una giornata all’asilo o un pomeriggio al parco), quasi appunto identificassi con l’arrivo dei miei la fine del mio sognoammericano.
Mi fa riflettere a proposito di sognoammericano un commento che mi ha fatto mio padre proprio ieri; diceva qualcosa del tipo: "Ho l'impressione che al tuo ritorno farai fatica a salutare questo posto meraviglioso". Dentro questa frase c'e' tutto quel che sto vivendo, e' palese, basta venirmi a trovare per intuire in quali posti meravigliosi vivo, che gente in gamba frequento, che ambiente stimolante e' Berkeley e come tutti siano rispettosi delle diversita' e magnificamente accoglienti. Finche' lo dico io forse questo lascia il tempo che trova, ma lasciate che i miei vi raccontino di persona...
Dicevo delle sorprese positive: sono arrivati regali dall'Italia, di cui ringrazio pubblicamente i relativi fautori. Sono stati graditissimi!
Anche dal punto di vista lavorativo ho avuto un ottimo feedback del mio lavoro svolto fino a questo momento. Sono partito per la gita con i miei lasciando una relazione da far leggere ai boss che ha impressionato favorevolmente e che mi fa ben sperare per questi ultimi mesi di lavoro intenso!
Ville e' partito ormai ed il distacco e' stato sinceramente triste per quanto avevamo condiviso in questi mesi. E' arrivato a tenere alto il morale Raffaele, un ingegnere di Cosenza col quale i presupposti sono buoni per ben trascorrere i prossimi mesi.

Non vi tratterro' a lungo, poiche' sto preparando una sorpresa riguardante questa famosa gita. Spendo due parole su quanto fatto con loro prima e dopo.
Il prima e' stato caratterizzato dallo smaltimento del jetlag e dalla visita in baia. In una manciata di giorni, con un occhio vigile al completamento della relazione di cui prima, ho accompagnato i miei qui nei dintorni, facendo loro scoprire e scoprendo io stesso posti bellissimi di San Francisco e persino della East Bay (qui vicino Berkeley).
Oltre quanto documentano le foto, i miei hanno potuto vedere cosa significa fare la spesa a Berkeley Bowl, con migliaia di verdure, frutta, spezie e farine di ogni tipo, nonche' hanno vissuto la S. Messa della domenica sera, a lume di candela, scaldata da dei canti da brivido, con il prete che ha raccontato perfettamente a memoria il brano del Vangelo, quasi meglio di un Vecchio Lupo col suo Branco.
E' stato divertente vedere quanto sia difficile per noi italiani impattare con un tipo di cucina etnica strana, come quella del Tempio Thai o quella Indonesiana. Devo dire che i miei non hanno mancato di spirito di adattamento. Hanno anche avuto l'onore di cenare con il mitico Marco (il manager del mio Lab), con Lisa e Jay (cosi' hanno avuto modo di conoscere i miei angeli custodi) e hanno condiviso piatti e tradizioni con i miei coinquilini (vedi foto), con i quali abbiamo improvvisato un'ottima cena durante la quale ognuno ha cucinato il proprio "piatto forte"!

Ricchi di queste esperienze siamo partiti per il viaggio e, al ritorno, con il cuore e la mente ricchi di immagini, c'e' ancora stato il tempo di vivere un tramonto stupendo dalle colline di Berkeley e assaggiare dell'ottimo Cabernet Sauvignon Californiano.

Eccomi qui adesso a scrivere queste righe da solo, con i miei proiettati a 10000 piedi d'altitudine verso l'Italia.
Purtroppo le belle esperienze finiscono abbastanza in fretta e si torna alla normalita'.
Non mi resta che aspettare altri ospiti, ma nel frattempo rientro in possesso della mia camera, del mio bagno e dei miei ritmi di vita che, almeno per qualche mese ancora, sono piu' tipicamente americani che italiani!

Un abbraccio di ben ritrovati a tutti i miei lettori,
con affetto,

Marco