Paola is here!

Carissimi,

mi e' imperdonabile il ritardo con cui aggiorno il mio blog. Le ultime settimane sono state talmente intense che ogni avventura vissuta mi scoraggiava sempre piu' nel metterci mano. Solo un evento cosi' importante e l'insistenza della reale protagonista, nonche' degli scalpitanti lettori, mi potevano far ricominciare battere sui tasti, concependo questo titolo carrambesco: Paola is here!
Dopo mesi di attesa, in data 23 giugno due persone nel mondo accantonano il conto alla rovescia dei giorni per passare a quello delle ore che le separano.

Ebbene si', il momento e' finalmente giunto! Io, Paola, mi ritrovo all'aeroporto di Caselle, scortata da mamma, papa' e fratello su cui riverso a gogo' i miei soliti timori: "Se l'aereo cade, vi chiamo!". Per farmi stare zitta, mi riempiono di giornali e cruciverba.
Subito dopo il check-in, mi compro un panino e dell'acqua per pranzo, convinta che a Francoforte non sarei riuscita a farmi capire. Una volta a Francoforte aspetto di sapere presso quale gate devo presentarmi.
Dopo vari chilometri percorsi a piedi e aver visitato ogni angolo dell'aeroporto francofortese, giungo finalmente nel posto giusto. E qui iniziano i controlli!
1- Al desk una signorina mi chiede biglietto e passaporto, glieli mostro, mi fa passare. E' andata!
2- Un poliziotto mi controlla il passaporto, mi lascia passare pure lui, ma non prima di avermi detto "Italia? Bonciorno! Al dente?"
3- Al controllo bagagli a mano, mi aprono la valigia e scovano un'arma letale: una bottiglietta d'acqua! Profondamente in colpa, dico "Non e' mia! Mi vogliono incastrare!". Risultato: mi viene sequestrata l'acqua, ma niente panico! Due metri piu' in la' c'e' un venditore ambualnte pieno di qualsiasi cosa da mangiare e da bere. Chiedo allora una bottiglietta d'acqua: 2,75 euro... sti c...!
4- mi metto in coda per l'ultimo controllo, ma, a differenza di tutti quelli davanti a me, evidentemente terroristi ormai noti alle forze dell'ordine, io non vengo lasciata passare immediatamente, ma vengo mandata in un angolino a compilare un modulo in cui giuro e spergiuro di non aver mai pensato male di Bush, di credere fortemente che gli Stati Uniti vinceranno gli Europei e che osama per me e' sempre solo stata una marca di pennarelli. Fatti i compiti, mi sento pronta per spiccare il volo, ma non e' ancora finita qui, perche' il poliziotto pacatamente mi chiede "Are you a drinker?" (Sei una che beve?). Dopo un veloce esame di coscienza, rispondo guardinga "No!" (se intendi sotto i 40'). Al suo insistere "Davvero?", rispondo ancora piu' decisa "Certo!", sperando in cuor mio di aver capito bene la domanda e che comunque la bottiglietta d'acqua che avevo in mano non fosse inclusa.
Alla fine vengo promossa e salgo sull'aereo. Mi metto alla ricerca del mio posto a sedere, osservando sollevata quelli che mi lascio alle spalle: belli, spaziosi, comodi... ma purtroppo di prima classe! Il mio presentava invece mezzo metro cubo d'aria, un cuscino e una copertina lacera.
Mi sistemo in attesa che giunga il mio vicino: un signore tedesco sulla quarantina che durante il viaggio cerchera' di darmi discorso, ma io dopo mezz'ora di conversazione in inglese, sorridendo anche quando capivo solo vagamente di cosa stesse parlando, tiro fuori il mio sudoku e mi butto nel mondo dei numeri.
Purtroppo dal mio posto vicino al finestrino potevo vedere solo l'ala dell'aereo, ma e' stato emozionante lo stesso: non mi e' mai successo di vedere non tramontare mai il sole!
Il tempo e' passato tutto sommato velocemente tra un pisolo, un film in inglese, un cruciverba, un po' di musica, un po' di lettura, uno sguardo alla mappa che mostrava la strada percorsa e quella rimanente e naturalmente il solito modulo da compilare!
Ci vengono anche serviti cibi e bevande e non ho ben capito con quale ordine logico.
Anyway, poco prima delle 20 (ora di San Francisco) atterriamo in aeroporto. Mi dirigo ancora una volta al controllo passaporti, pronta per un nuovo interrogatorio, e contenta, perche' tanto ormai negli Stati Uniti c'ero arrivata! Il poliziotto mi saluta e senza mezze misure mi chiede perche' sono venuta negli Stati Uniti.
- Vacanza.
- Hai amici a Berkeley?
- Il mio fidanzato.
- Porti con te cibo? Non hai portato PASTA al tuo ragazzo?
- Certo. Rigorosamente al dente!
- Hai con te piu' di 10.000 dollari?
- Si'... magari!
Mi prende le impronte digitali, mi fa una foto ricordo e mi lascia passare. Evvai!
Aspetto il mio bagaglio che tarda ad arrivare e nel frattempo penso che potrebbe essere finito a Tokyo o a San Paolo, ma no... eccolo finalmente! Lo trascino a fatica sul carrello e inizio a planare verso l'uscita. Ma ecco che mi si para davanti un nuovo poliziotto che mi chiede ancora le stesse cose! Ma dico io, me l'ha gia' chiesto il tuo amico di prima, non potete parlarvi anche un po' tra di voi? Quante volte volete sapere che sono qui per vacanza, che ho raggiunto il mio ragazzo che studia qui da sei mesi, che adesso alla faccia vostra che ve ne state qui a stressare i turisti, ce ne andiamo alle Hawaii?
Ok, anche questo sembra soddisfatto e mi saluta con "You're welcome in the United States". Si', ma che fatica entrarci!
Finalmente posso dirigermi verso l'uscita. Sorrido a tutte le telecamere che incontro, convinta che Marco mi stia osservando dall'altra parte e poi, dietro le ultime porte, finalmente lo vedo!

Una volta apparsa sugli schermi dell'aeroporto, ho avuto la certezza matematica che Paola non si fosse imbarcata per Bangkog e che dunque tanta attesa e tante videocall skype malfunzionanti erano finalmente terminate. Dopo un forte abbraccio che ci ha fatto dimenticare in un baleno tanti mesi separati, eccoci pronti per conquistare gli USA!

To be continued...

Paola & Marco

2010 miglia in 4 giorni!



Carissimi,

se non mi metto a raccontarvi anche questa, rischio di rimanere troppo indietro! Allora vi narro il lungo weekend del Memorial Day (da venerdi' a lunedi') che abbiamo sfruttato con Raffo e Roberta per andare a visitare Las Vegas e dintorni.
Preparazione in quattroequattrotto, trasciniamo con noi anche Roberta ancora col jetlag da recuperare (sara' talmente stanca alla fine che non ci saranno problemi a dormire fino a tardi la mattina), prenotiamo gli alberghi pensando alle varie tappe e alle 12 precise di venerdi' 23 maggio ce ne partiamo dalla baia, direzione Vegas.
Ci aspettano 565 miglia (910 km) da compiere in meno di 9 ore! Il viaggio e' lunghissimo, ma passa, grazie alla compagnia. Si fila molto piu' svelti con la Mustang che col camper!!!
Perche' non l'aereo? Prezzi mostruosi, ci siamo decisi troppo tardi... alla fine abbiamo speso in tutto quanto avremmo speso per 3/4 di biglietto d'aereo...
Arriviamo a Vegas verso le 9pm e facciamo in tempo a salire sulla torre dello Stratosphere (l'albergo dove abbiamo deciso di prenotare), ovvero la torre piu' alta d'America (circa 350m) da cui si vede bene tutta Las Vegas e sopratutto lo Strip (si pronuncia come si legge, grazie John per la delucidazione) che e' la via principale, piena di hotel e casino'.
Vegas e' un carnaio di gente, luci ovunque e alchool a volonta'. C'e' chi va per giocare (i casino' sono illuminati a giorno e sono senza orologi di modo che la gente vi perda la cognizione del tempo), chi per ballare e cuccare... noi ci siamo presentati con un cavalletto e una macchina fotografica: abbiamo fotografato le luci e le ricostruzioni (c'e' Venezia, l'antica Roma, l'antico Egitto, Parigi, New York... zero originalita'), siamo andati al Bellagio (il casino'-hotel piu' famoso in cui hanno girato anche Ocean 11) e nel quale abbiamo comprato 2 fiches da 1 dollaro ciascuna da regalare (so io a chi) come souvenir e ce ne siamo di fatto tornati in albergo, felici e pasciuti... Vegas e' sopratutto altro... ma non avevamo tempo e testa per quelle minchiate! Ci aspettava uno degli spettacoli piu' affascinanti che abbia mai visto nella mia vita!

Antelope Canyon
La giornata di sabato inizia uggiosa. Si lascia Vegas destinazione Page, dove si fa tappa per visitare l'Antelope Canyon. Durante la traversata (altre 450 miglia), ci fermiamo a vedere qualche posto che merita. In particolare prendiamo una stradina sterrata (povera Mustang) che ci porta al Paria Canyon (Coyote Buttes), famoso perche' ospita (dopo una camminata di varie miglia che non abbiamo fatto per mancanza di tempo e di un permesso che si conquista solo con i punti del Mulino Bianco) il famoso The Wave, meta ambita da ogni fotografo che si rispetti... (ma mai come l'Antelope...)
Si arriva stancamente a Page, visitando la diga che da' origine al Lake Powell e, prima del check-in in albergo, andiamo a visitare un'altra mini perla della gita, ovvero l'HorseShoe Bend, un posto in cui uno degli immissari del Colorado River compie un'ansa di 180 gradi meravigliosa, a forma di ferro di cavallo! Li' abbiamo aspettato il tramonto, tra rocce infuocate e acqua verdissima, per poi concederci steak e birra in un diner vecchio stile country, di fronte all'albergo!
Page e' costruita attorno ad una strada principale che, come ogni via principale di un villaggio americano che si rispetti, vede affacciarsi su di se' gli edifici piu' importanti del paese.
La cosa strana qui e' che la via e' un lunghiiiiiissimo curvone che compie una specie di ferro di cavallo dal raggio chilometrico (volevano riprodurre L'horseshoe bend?). Vi lascio immaginare l'urbanistica di questo luogo. La cosa ancora piu' strana e' che, in un paesino veramente di 4 anime, avremmo contato sulla sola via principale almeno 10 luoghi di culto diversi: chiesa cattolica, cristiani dell'ultimo giorno, battisti, anabattisti, resuscitati, scintoisti, la setta del settimo giorno, insomma... il dubbio e' se non c'e' qualche residente che aderisce a piu' di una religione contemporaneamente, giusto per non lasciare sguarnito di "pubblico" nessuno dei suddetti luoghi. Ad ogni modo, la messa cattolica delle 9am era abbastanza popolata.

Alle 11 pronti per partire per l'Antelope Canyon con un enorme Big Foot. Riusciamo all'ultimo a imbucarci nel tour per veri fotografi fighetti (tanto pure noi ci siamo portati il cavalletto...) Dopo un po' di sobbalzi e shekerate, arriviamo al canyon (le foto parlano da sole) e, prima di entrare, qualcuno si stupisce che il gruppo sia da 13 invece che da 10... siamo mica noi gli imbucati?
Cos'e' l'antelope Canyon? E' uno degli oltre 30 slotted canyon (piccoli canyon, che a volte sembrano delle fessure nella roccia) di quella regione. Un cunicolo lungo non oltre 200m, completamente scavato da vento e acqua, pericolosissimo quando inizia a piovere, un miracolo della natura quando vi batte il sole.
La prima ora il canyon e' affollatissimo, scattiamo delle foto molto belle, con la guida indiana che solleva la sabbia da terra per far risaltare meglio i fasci di luce del sole.
Qualche giapponese dalla macchina ultra professionale, capitato li' per caso, grazie al fatto che puo' contare su una velocita' di scatto di 6 foto al secondo sigaretta compresa, spara tutta la memory card nei primi 10 metri scordandosi il tappo sull'obiettivo, cristonando poi contro Confucio per non aver comprato la memoria da 100Gb in offerta il mese scorso! Io ci metto un po' a carburare, mi faccio prendere dall'emozione di poter usare il cavalletto in un posto vero (non a Las Vegas) e, dopo un po' di errori, mi tolgo qualche bella soddisfazione. I complimenti anche a Raffo per le ottime foto fatte, pur senza cavalletto.
Il cavalletto da' pero' la possibilita' di provare una tecnica, che si chiama HDR (High Dynamic Range). Se notate, alcune foto dello slide show sono particolari perche' in pratica sono una sovrapposizione di almeno tre o piu' fotografie fatte con un cavalletto allo stesso soggetto ma con differenti esposizioni (quindi almeno una sottoesposta scura, una sovraesposta molto chiara e una normale). Combinando le tre o piu' foto si possono far risaltare meglio alcuni particolari. Tanto per intenderci, nessuna delle tre foto da cui quelle fotone derivano puo' contenere tutti i particolari della foto-somma. In una (quella che rappresenta l'entrata del canyon) si riesce a rendere bene sia la parte piu' al sole, sia la parte piu' in ombra che, inevitabilmente, verrebbe scura... La tecnica e' promettente, se riusciro' ad impratichirmi meglio evitando di far sembrare le foto dei fotomontaggi!
Ad un certo punto, il canyon si svuota: e' l'ora tutta per noi, quella in cui si puo' camminare liberamente nel canyon deserto e scattare con tranquillita' foto stupende oppure soffermarsi ad ammirare i giochi di luce, mentre un indiano suona un'antica melodia con il suo flauto, pieno di piume.
Usciamo dal canyon completamente stregati dalla sua bellezza! Non parlaremo d'altro per i giorni a seguire.
Nel pomeriggio ci aspetta il tramonto nella Monument Valley, distante solo 120 miglia da Page. Facciamo in tempo per strada a visitare il Navajo National Monument (deviazione veramente poco convincente) e a prenderci un warning per eccesso di velocita' (sembra che qui esista questo warning, devo ancora ben appurare, grazie al quale Non paghi la multa ma, se te ripijo, te faccio nuovo... Ancora nu 'me hanno ripijato!)
La Monument Valley e' bellissima, ma tutto sfigura se lo vedi dopo l'Antelope Canyon. Io e Roberta facciamo anche il tour in jeep dentro la vallata con un simpaticissimo indiano che ci porta fin nel cuore delle rocce. Ivi vivono ancora alcune tribu' (tra cui la sua) in capanne fatte di legno e fango. Ci vive anche una signora che ha deciso di ritirarsi... niente di meno che nella Monument Valley... chiamatela scema!
Nel giro scopriamo il posto dove hanno girato il secondo di Indiana Jones, vediamo il simbolo da cui ha preso spunto la Marlboro e vediamo The Castle, dove i Metallica hanno girato il video della canzone I Desappear. Qui trovate anche il dietro le quinte!
Infine, eccovi un elenco di spot e film girati nella Monument Valley!
Unico rammarico del tour e' che siamo costretti a rincorrere il tramonto. Raffo riuscira' a vederselo dal punto alto e panoramico, mentre noi saremo ancora sotto in valle e quindi ci perderemo i roccioni infuocati! Ma non si puo' avere tutto no? Se li vedi da sotto, non puoi vederli da sopra... :-)

Il lunedi' e' tutto votato al rientro. Ce la prendiamo inizialmente troppo comoda: giro sulla Route 66 con mille foto, stop in posti improbabili per cercare di acquistare il cactus tipico dell'Arizona (che scopriamo crescere nella zona a sud di Phoenix e Tucson, non dove siamo noi) e circa 850 miglia (1360 km) da snocciolare e che sembrano non finire mai!
Arriveremo a casa a mezzanotte e mezza, dopo 14 ore ininterrotte di viaggio (mio record personale al momento)!

Ne e' valsa la pena! Stop!

Un abbraccio,
Marco

In barca nella baia con una costoletta tra le mani...



Carissimi,

non sono dell'umore adatto per scrivere questo post, pero' e' pur vero che sto accumulando una moltitudine di cose da descrivere che ormai rischio di tralasciarne troppe, vista la mia proverbiale corta memoria. Sono sicuro che scrivendo, l'umore migliorera'!
Siamo al termine di questo weekend, il primo di giugno e ormai il quint'ultimo prima di partire da qui. E' da qualche giorno che comincio a sentire la ripartenza vicina. Lo vivo dal fatto che ho iniziato a mettere l'annuncio di vendita della Mustang, dal fatto che in ufficio abbiamo pianificato l'ultimo mese di intenso lavoro con la richiesta dei report finali, dal fatto che la gente comincia a chiedere quando parto in modo da regolarsi per un saluto.

Ieri, sabato, ho finalmente coronato il sogno di fare un giro in barca nella baia. Il contatto, come ridendo raccontavo a John e' un amico di un amico di un amico. La persona da cui e' partita il contatto e' Franco, storico capo scout del mio gruppo, il quale ha lavorato per anni in una multinazionale con sede nella Silicon Valley, che ha mantenuto buoni rapporti con un certo Norm Pond, un arzillo manager in pensione con la passione (tra mille altre suppongo) della vela. Nonostante Norm abbia attualmente la barca in Messico, pronta per essere spostata in Canada, non si e' affatto scoraggiato alla richiesta di Franco di organizzare un giro in barca per me. Ha dunque interpellato Charles (ed ecco giunti all'amico dell'amico dell'amico), il quale ci ha ospitati nel suo stupendo 47 piedi per un giro che ci ha visti partire da un porticciolo tra Oakland e l'isoletta di Alameda, fare vela verso Angel Island, passando a dritta di Treasure Island e invertendo la rotta verso base, passando tra Alcatraz e San Francisco.

E' stata un'esperienza divertente ed emozionante. Faceva molto freddo (settimana di sole, compresa la domenica, sabato nuvoloso e ventoso, che sfiga), ma comunque il mare non alto, la compagnia ottima (sono riuscito a far imbucare anche Raffaele e Roberta) e il paesaggio magico hanno reso questa esperienza unica. Abbiamo incontrato anche qualche foca, abbiamo avvistato posti che sono impossibili da notare se non si e' in acqua e abbiamo anche avuto la fortuna di passare molto vicini al campo gara di una regata, che si stava svolgendo sotto il Golden Gate, nella quale vele bellissime hanno incorniciato un momento unico.
Al ritorno, dopo le foto di rito e i ringraziamenti, cioccolata calda con R&R (a proposito, Roberta e' una delle impiegate presso i Laboratori di ricerca Telecom - TiLab - di Torino, in visita per qualche mese qui a Berkeley).
La serata ha visto alla ribalta un trio insolito: Raffaele, John e me per le strade di San Francisco. Siamo usciti dopo aver trovato un agreement, un accordo, con John. Io e Raffo avremmo gestito la prima parte della serata, all'indigeno sarebbe spettata la seconda. Prima di avviarci alla volta di San Francisco, ci siamo fermati per qualche minuto in uno studio fotografico dietro casa nostra, tra Bancroft e la Quinta, per una mostra fotografica: ritratti di persone dei campi profughi di Nablus. Ho letto molte storie messe a mo' di didascalia, spesso dal giudizio di parte, ma al di la' di questo, ogni volta rimango con la sensazione di aver conosciuto molto molto poco della vera situazione Israelo-Palestinese nel mio periodo in Israele. Mi piacerebbe andare a fare servizio nei territori della West Bank. Una route politica da quelle parti servirebbe a molti!

Finalmente ho avuto l'opportunita' di andare a provare i granchi (lessi) e la zuppa di vongole dentro una pagnotta scavata a Fisherman Wharf. John pensava fosse il classico posto da turisti in cui mai si sarebbe abbassato a mangiare, invece ha dovuto farci i complimenti per la buona scelta del cibo. Poi un giro al Pier 39, il molo piu' famoso di San Francisco, pieno di negozietti ricchi di souvenir e vicino al posto dove alloggiano i famosi leoni marini dall'odore putribondo. Prima della cena, ora che ricordo, siamo capitati in un altro molo, una specie di hangar pieno di giochi e videogiochi meccanici antichi, tutti raccolti insieme. E' stato divertente vedere e giocare ad alcuni giochi vecchissimi, videogiochi in bianco e vero, alcune cose che veramente facevano parte del mondo dei nostri genitori quand'erano piccoli!
La seconda parte della serata era appannaggio di John.


Dopo averci fatto visitare in auto i posti in cui ha vissuto per anni, ci ha portati al CellSpace, un luogo in cui, dopo aver mollato $10 per l'ingresso, abbiamo potuto girare per stand scientifici che mostravano robot in grado di servire ai tavoli, pendoli fatti con il tungsteno (uno degli elementi piu' pesanti esistenti in natura), artisti che distribuivano i fumetti da loro creati (vedi l'esempio a lato), il tutto condito con gente che preparava sandwich al formaggio gratuiti per tutti, un palco in cui si esibivano nostalgici cantanti anni '30-'40 e gente che ballava ovunque.

Dovevamo aspettarci qualcosa del genere da John e, sebbene nessuno sia rimasto estasiato dalla serata, e' pur vero che e' stata una cosa alternativa che difficilmente si potrebbe rivivere altrove, men che meno in Italia.
Se vi viene da chiedere dove John trovi queste manifestazioni, la risposta e': The Laughing Squid, ovvero un website che si presenta col sottotitolo: "Altre, cultura e tecnologia in San Francisco e dintorni".

Domenica, ci ha visti protagonisti di una mangiata pantagruelica, tipica di ogni barbecue (o BBQ come scrivono qui) organizzata da italiani. Ritrovo alle 12:30, al Tilden Park e 2 barbecue in parallelo per cucinare solo parte del cibo (l'avanzo, verra' cucinato ed assaporato prima della fine della prossima settimana, appena il nostro corpo ci dara' l'ok...).
La compagnia era ancora piu' assortita del normale! Molta gente del Lab (Marco il grande capo, Mostafitz un dottorando del Bangladesh ma che fa il dottorato al Poli, sua moglie, Tamim uno stagista dello Sri Lanka, Raffo e Roberta) piu' John, Anna (la cantante lirica) e Gisela (l'amica portoghese della parrocchia che, appena tornata da casa, mi ha portato dell'ottimo Porto... Sono tentato di conservarlo per condividerlo con chi incontrero' tornato a casa... Chi si prenota?).
Non e' stato un BBQ roboante, persone forse troppo eterogenee e con cultura diversa. Meno male che con John abbiamo pensato di portare clave e palline per giocolare... inoltre la palla recuperata da Raffo e le mie banane al cioccolato hanno permesso di amalgamare un gruppo decisamente strano!!
Il pomeriggio si e' concluso con due passi fatti al Lake Anza, li' vicino e il ritorno ci ha visti per un po' in 6 in auto, ridotti poi a 3, perche' Gisela, Raffo e Roby si sono fatti lasciare all'entrata del parco per godere dell'ottima giornata e scendersene a piedi a casa!

Si prospetta una settimana ricca di lavoro e di ulteriori giretti scopri-posti, prima di accogliere Ciccio, mio cugino, che ha deciso di compiere l'insano gesto di venirmi a trovare e, finalmente, Paola!

Un abbraccio a tutti,
Marco